Pubblico il seguente vademecum affinchè possa essere d’aiuto alle tante persone che ogni giorno si prodigano nella cura di una persona malata. Il lavoro è stato fatto da me e dal collega Patrizio Sisto l’anno scorso per AISM Pavia; è centrato su coloro che affiancano malati con sclerosi multipla ma valido per ogni caregiver.
Questo sintetico libretto intende essere una guida destinata a coloro che vivono vicino a una persona malata.
Un vademecum di pronto utilizzo molto semplice e concreto, per affrontare nel modo emotivamente più intelligente e saggio la vita quotidiana nel rapporto con il proprio assistito dal punto di vista psicologico e relazionale.
Siamo convinti infatti che prendersi realmente cura sul piano psichico ed emozionale di sé e dei propri cari, aspetti fra loro intimamente interconnessi, costituisca la premessa per vivere meglio anche situazioni faticose che si prolungano nel tempo, fonte di problemi e sofferenze, come è la vita accanto a una persona portatrice di una malattia cronica quale la sclerosi multipla.
I principi e le raccomandazioni che seguono costituiscono il distillato di molti dei risultati più aggiornati tratti da ricerche e conoscenze psicologiche e soprattutto dalle voci di coloro che ogni giorno vivono l’esperienza di stare accanto a un malato con sclerosi multipla. Con le difficoltà, talora lo sconforto ma anche i momenti di incoraggiamento e fiducia nella propria situazione di care giver, termine inglese che ovunque nel mondo indica coloro che si prendono cura in modo spontaneo e gratuito di un altro individuo che non riesce autonomamente a prendersi cura di se stesso.
Un ruolo molto spesso ricoperto dal famigliare che si dedica in modo continuativa all’assistenza e cura della persona non autonoma. Per le persone con sclerosi multipla, nel 52% dei casi è il coniuge o compagno stesso che si fa carico di supportare e sostenere il proprio partner nei diversi ambiti della vita quotidiana, nel 25% sono figli o genitori.
Con l’auspicio che possa essere un effettivo aiuto nella vita quotidiana, dedichiamo quindi questo piccolo vademecum a tutti coloro che vivono la sfida di stare accanto a un proprio caro affetto dalla sclerosi multipla, confrontandosi realisticamente con le difficoltà e le preoccupazioni suscitate da questa malattia, ma senza rinunciare alla speranza e fiducia in una vita ricca e solidale, nel rispetto della dignità propria e altrui.
Una vita resa preziosa proprio dal fatto di essere vissuta momento dopo momento con consapevolezza e autenticità, attraverso una reale cura di sé e dell’altro, nonostante tutto.
1 – LA VITA COME CONTINUO PROCESSO DI CONFRONTO E MEDIAZIONE FRA CAMBIAMENTI E BISOGNI
La vita di ogni essere umano può essere descritta in modo aderente alla realtà, secondo tutte le teorie psicologiche, come un processo dinamico in costante cambiamento ed evoluzione, risultato ogni volta dell’incontro tra gli eventi esterni e il modo di reagire a questi da parte di ogni singola persona, con la sua specifica struttura di personalità, il bagaglio delle esperienze vissute e la visione del mondo di cui è portatrice.
Si può rappresentare una parte di questo processo con la cosiddetta piramide di Maslow, dal nome dello psicologo che la ideò, che mostra i bisogni dell’uomo attraverso una figura nella quale a ogni strato successivo compaiono le necessità di base e universali di ogni essere umano, la cui soddisfazione è premessa perché possa comparire il bisogno sullo strato ulteriore, in una successione concatenata, nella quale è facile per ognuno di noi, sia pur nella singolarità di ogni vita, riconoscersi in qualche modo.
In altri termini, come suggerisce la piramide di Maslow, possiamo constatare che tutti gli esseri umani hanno innanzitutto esigenze di sopravvivenza, come un’adeguata alimentazione, il sonno e preservarsi da caldo e freddo eccessivi, per poi aver bisogno di un tetto in cui sentirsi al sicuro, di sentirsi amati e parte di un gruppo o comunità, di sentirsi attribuito un ruolo attivo nel proprio contesto sociale e infine di sentire di poter esprimere e realizzare il più pienamente possibile la propria unica e originale identità umana, con la propria personalità, inclinazioni e desideri.
E’ importante ricordare sempre, nel considerare la situazione del malato di sclerosi multipla e del familiare che lo assiste, che i bisogni rappresentati nella piramide sono legittimamente presenti anche nella loro vita, pur assumendo forme differenti rispetto chi conduce una vita in assenza di una tale patologia, con richieste di soddisfazione a volte più intense e urgenti, e possibilità di risposta specifiche, adattate alle diverse situazioni vissute da ogni persona nella sua singolare unicità.
A questo proposito sarebbe un utile e prezioso esercizio quello di esaminare, da parte del care giver, come questi bisogni sono presenti e si esprimono o non si esprimono nella propria vita, quali risposte più o meno appropriate si è abituati a dare loro e come in alternativa potrebbero essere soddisfatti attraverso altre vie e modalità rispetto a quelle consuete.
Ma innanzitutto, va sottolineato, è essenziale concedersi il diritto di riconoscere la presenza di tali esigenze psichiche e la loro legittimità dentro di sé, per potere poi adeguatamente appropriarsene e collocarle con il giusto valore e le modalità possibili all’interno della propria vita concreta, perché questa divenga più completa e ricca, anche in situazioni di difficoltà e disorientamento personale ed esistenziale.
2 – L’ARCO EVOLUTIVO DELLA FAMIGLIA, IN CONDIZIONI NORMALI E QUANDO COMPARE UNA MALATTIA CRONICA COME LA SCLEROSI MULTIPLA
La famiglia può essere descritta come un sistema di rapporti affettivi stabile nel tempo, che si traduce anche in una organizzazione di ruoli, dove i singoli membri sono interdipendenti fra loro. Si tratta di una rete di relazioni fatte di cura, intesa come valore attribuito al dialogo e alla comprensione delle emozioni e punti di vista altrui, alla differenza tra le persone e alla riconoscenza per quello che si è ricevuto in passato. Al contempo la famiglia implica una dimensione di apertura all’ambiente esterno, altre famiglie, istituzioni, servizi, società.
Vanno tenute presenti, per comprendere la complessità del sistema famiglia e la sua capacità di confrontarsi con la vita e i problemi, tre grandi aree di compiti
- Compiti di base – gestire problemi legati a denaro, cibo, trasporti, abitazione
- Compiti evolutivi – sequenza di fasi da curare e gestire, dall’età infantile, alla fanciullezza, all’adolescenza, all’età adulta ed età anziana, a cui corrispondono la fase iniziale del matrimonio, la prima gravidanza, l’ultimo figlio che esce da casa, l’accudimento degli anziani
- Compiti imprevisti – gestione delle crisi in seguito a malattie, incidenti, disoccupazione, cambio di lavoro, etc.
Di fronte a tali compiti le famiglie possono risultare più o meno adeguate, in base a una serie di aspetti la cui presenza può creare un ambiente più favorevole ed efficace per gestire e superare le difficoltà ristabilendo un equilibrio nel sistema stesso e ridando benessere ai suoi singoli membri.
Per un buon funzionamento familiare, in fasi di normalità della vita e tanto più in seguito a eventi critici come una malattia cronica, è importante che esistano
– Confini chiari e solidi, sul piano generazionale genitori – figli, sul piano della coppia e di differenziazione con l’esterno
–Una sufficiente flessibilità per permettere un interscambio fra autonomia e interdipendenza, fondamentali per favorire la crescita dei membri, assicurare l’integrità del sistema e garantire continuità e adattabilità di fronte alle difficoltà
Risulta perciò importante
- Costruire un repertorio di ruoli ampio, con decisioni guidate da più alternative di soluzioni e metodi per raggiungerle, piuttosto che da una sola formula predefinita che non tiene conto delle effettive possibilità di applicazione.
- Uscire da posizioni estreme del tipo tutto o niente, da visioni che passano dall’estremo della mancanza di speranza in un qualsiasi anche piccolo cambiamento all’altro estremo della aspettativa irrealistica riguardo a obiettivi di guarigione totali e utopistici.
Da un lato mantenere e nutrire la coesione, attraverso il riconoscimento dei bisogni, la condivisione delle emozioni, comportamenti solidali, e dall’altro costruire una adeguata flessibilità, attraverso l’adattamento alle differenti situazioni, il compromesso, la trasformazione delle proprie e altrui richieste in funzione delle condizioni di fattibilità del momento.
Ricordando sempre che pur nella diversità delle posizioni e dei ruoli esiste un obiettivo che accomuna tutti, la persona malata e colui o coloro che lo assistono, cioè il perseguimento di una condizione di benessere e serenità che permetta di convivere con la malattia invalidante cronica adattandosi ai problemi emergenti e ricercando in sé e nelle relazioni le risorse preziose per ricollocarsi con dignità e serenità nella vita.
3 – LA POSIZIONE DEL CARE GIVER.
PROBLEMI MANIFESTI, MA ANCHE RISORSE NASCOSTE
La condizione del care giver, colui che assiste un suo caro malato di una patologia cronica, è caratterizzata da una serie ricorrente di problemi in cui è facile riconoscersi, che nel loro insieme concorrono a creare sul piano psicologico una serie di difficoltà frequenti, particolarmente evidenti nel caso della sclerosi multipla
- Stress psicofisico, con ansia e stanchezza
- Isolamento e chiusura al mondo esterno
- Preoccupazioni e rimuginìo ossessivo sugli stessi pensieri che ritornano sempre in mente
- Senso complessivo di impotenza, di non avere controllo né potere sulla vita propria e del proprio assistito
- Senso di confusione e disorientamento e conseguente ridotta capacità e scarsa obiettività nel fare delle scelte prendere decisioni e prendere delle decisioni
- Perdita del senso di continuità con la vita passata e difficoltà a riconoscere il proprio assistito e se stessi nel nuovo ruolo
Rappresentando in sintesi ciò che accade con la comparsa della sclerosi multipla in una famiglia si può descrivere come un evento traumatico che interrompe e rivoluziona la vita precedente del malato e dei suoi famigliari e che lascia sempre ampi margini di imprevedibilità e un grande senso di incertezza rispetto al futuro della persona malata, di se stessi come suo congiunto e del rapporto che ci lega.
La domanda cruciale, Perché è successo proprio a me – a noi è la questione di fondo a cui è necessario dare un senso per poter convivere con la malattia, facendone qualcosa di buono per la vita propria e del proprio assistito, invece che subirla semplicemente in modo passivo.
Si potrebbe assumere a esempio a questo proposito la vicenda di Victor Frankl, psichiatra deportato nei campi di concentramento nazisti, che riuscì a sopravvivere a un’esperienza estrema che in sé non garantiva alcuna speranza di salvezza. Queste le sue parole in Homo patiens. Soffrire con dignità
Che cos’è dunque l’uomo Noi l’abbiamo conosciuto nel campo di concentramento…un luogo dove restava unicamente l’uomo nella sua essenza, consumato dal dolore. Cos’è dunque l’uomo Domandiamocelo ancora. E’ un essere che decide sempre ciò che è.
Anche fronteggiare un’esperienza difficile come quella di
assistere un caro affetto da una malattia quale la sclerosi
multipla richiede un costante sforzo di adattamento, nella
consapevolezza che la libertà di scelta sugli atteggiamenti e le
risposte da assumere di fronte alla sofferenza, rimane
comunque sempre una facoltà che ogni essere umano ha a sua
disposizione.
Diventano perciò necessari il pieno sviluppo e l’utilizzo di capacità intrinseche all’essere umano, che comprendono
- L’aumento del contatto con se stessi e della conoscenza delle proprie emozioni, del propri modi di reagire alle avversità, della familiarità con il funzionamento della propria mente
- La coltivazione dell’empatia, cioè imparare a identificarsi nel punto di vista del proprio assistito, comprendendo le sue esigenze ed emozioni anche quando espresse indirettamente.
- Il miglioramento delle capacità comunicative, per esprimere adeguatamente ciò che si prova e di cui si ha bisogno
- L’apertura a una dimensione relazionale, comunitaria, anche eventualmente spirituale, più ampia ed estesa rispetto ai confini ristretti della propria vita individuale. Una dimensione con la quale entrare in connessione e a cui alimentarsi sul piano psichico ed esistenziale.
4 – LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI DEL CARE GIVER
Occorre partire innanzitutto da una considerazione che appare semplice ma non è per nulla ovvia e scontata, perché ce ne dimentichiamo nel linguaggio e nel modo di pensare abituali.
Esiste una grande differenza fra “essere malati” e “avere una malattia”: infatti dietro e al di là di ogni patologia esiste la persona che ne è affetta, come essere umano la cui identità solo in parte coincide con quella del malato, essendo più ampia e ricca nella complessità delle sue componenti biologiche, intellettive, affettive, relazionali.
Nell’affrontare la condizione di malattia chi assiste il malato e coloro che sono assistiti mettono in gioco ognuno atteggiamenti e capacità di risposta proprie e differenti, derivanti dai modelli culturali e sociali, dall’esperienza di vita personale, dalla propria personalità. In questa prospettiva la notizia buona è che tutti noi abbiamo a disposizione strumenti preziosi che possono essere appresi, per gestire in modo perlomeno sereno il rapporto con la malattia e con le fatiche fisiche ed emotive associate all’assistenza di un proprio caro affetto da sclerosi multipla.
L’evento della malattia invalidante può allora diventare una sfida e un’occasione di apprendimento ed evoluzione personale e nelle relazioni familiari, in modo da divenire più responsabili, comprensivi e capaci di nutrire comunque speranza nella vita.
Un atteggiamento utile e produttivo per cavalcare le esperienze difficili e problematiche è quell’insieme di atteggiamenti e risposte che è stato definito come resilienza, a indicare un processo fisico che accade in natura, relativo quei materiali che riescono a riconquistare la loro forma iniziale dopo essere stati sottoposti a pressioni e stress.
Trasferita alla vita psichica la dinamica della resilienza può essere considerata come un processo di gestione delle situazioni di crisi, difficili e problematiche, connaturato all’essere umano, che solo recentemente è stato riconosciuto come abilità che può essere coltivata e sviluppata lungo tutto l’arco della vita, da chiunque.
“La capacità di far fronte, resistere, integrare, costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante l’aver vissuto situazioni difficili che facevano pensare a un esito negativo” (B. Cyrulnik)
“La capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzati o addirittura trasformati” (E. Grotberg)
Possiamo comprendere meglio il concetto di resilienza pensando con una metafora all’immagine contrapposta di due piante molto diverse fra loro, la quercia e il salice piangente. Mentre la prima nonostante l’apparente robustezza si spezza sotto il peso eccessivo della neve, il salice invece grazie alla flessibilità dei suoi rami asseconda il carico della neve accumulato sui suoi rami flessuosi scaricandolo dolcemente a terra, per poi riconquistare intatto la sua posizione originaria. Riferendoci all’essere umano, proprio questa modalità di risposta agli eventi avversi che, senza opporsi loro frontalmente, lascia esaurire la loro carica d’urto senza subirne danni, è una disposizione d’animo complessiva sul piano intellettivo ed emozionale, che corrisponde a un atteggiamento resiliente.
Un atteggiamento resiliente come quello descritto può essere costruito e alimentato da diverse strategie e pratiche, fra le quali occupa un posto centrale la Mindfulness.
Per Mindfulness si intende una tecnica di meditazione ereditata da antiche tradizioni orientali e oggi adottata spesso anche dalla moderna psicologia, che coltiva la consapevolezza che emerge portando intenzionalmente attenzione al momento presente, in modo fermo, sereno e non giudicante.
La pratica della Mindfulness o pienezza mentale e pienezza del cuore secondo le lingue orientali da cui originariamente deriva, conduce a una comprensione chiara di noi stessi, a cogliere gli stati d’animo e le emozioni che ci abitano come eventi passeggeri e in costante mutamento che nascono e svaniscono, al di là dei quali esiste in noi una fondamentale condizione di serenità di fondo, sia pur spesso non vista e oscurata.
E’ possibile così conquistare una maggiore libertà e distanza dalle sofferenze, perlomeno quelle non necessarie e frutto di un’attività mentale distorta e di esperienze passate condizionanti.
Si può dire che attraverso la Mindfulness si entra a contatto con la globalità della nostra esperienza, nei suoi aspetti positivi, negativi e neutri, e si diventa più centrati e responsabili, capaci cioè di rispondere adeguatamente agli eventi interni del nostro tumultuoso mondo emozionale e a quelli esterni, dell’ambiente mutevole e imprevedibile in cui viviamo.
In linea con l’idea della resilienza, con la Mindfulness possiamo allora arrivare a trovare le risorse potenzialmente già presenti in noi per ridurre il livello generale di sofferenza e turbamento e i blocchi che ci affliggono nel dolore causato dagli accadimenti e possiamo aumentare viceversa l’equilibrio e l’apertura alla fluidità e ricchezza della vita che scorre in noi e negli altri.
Proponiamo di seguito, come esempio e stimolo per la pratica, l’esercizio di consapevolezza del respiro e quello di visualizzazione del lago, due semplici pratiche di Mindfulness utili per rasserenare la mente e instaurare un rapporto più chiaro ed equilibrato con i pensieri e le emozioni disturbanti e fonte di sofferenza.
Sono esercizi che possono essere eseguiti da soli, anche se sarebbe più raccomandabile esercitarsi una prima volta con una guida esperta, per un più corretto apprendimento.
L’esercizio di consapevolezza del respiro
Quando lasciamo che la nostra attenzione si soffermi sul respiro, senza forzarlo e osservandolo semplicemente in modo costante e prolungato, nella naturale alternanza di inspirazioni ed espirazioni, il respiro stesso e con lui la mente si calmano profondamente.
Quella del respiro consapevole è una pratica fondamentale, che richiede poco tempo e dà benefici immediati, intermini di piacere, stabilità mentale e rigenerazione della propria vitalità.
Può essere esercitato in piedi, da seduti o distesi, lasciando l’attenzione scivolare fino all’addome che ritmicamente si solleva e abbassa con il ciclo di inspirazioni ed espirazioni.
Il corpo va tenuto in posizione il più possibile naturale e rilassata, e se si è seduti o in piedi è importante tenere la colonna vertebrale dritta, in modo da creare un allineamento fra sommità del capo e baricentro, in una condizione di presenza vigile ma rilassata e naturale.
Si può allora osservare il flusso dell’aria che entra ed esce dal corpo attraverso il ritmico alzarsi e abbassarsi dell’addome o anche attraverso il contatto dell’aria con le narici, e via via affinare l’attenzione fino a sentire del diverse fasi successive di ogni ciclo respiratorio completo l’inizio del respiro, il momento di sospensione appena prima dell’espirazione e la lunghezza della pausa prima che inizi una nuova inspirazione. Mantenendo la concentrazione su questo movimento ininterrotto, continuo e fluido, possiamo sviluppare la consapevolezza che ogni atto respiratorio sta nutrendo tutte le cellule del nostro corpo e della nostra mente. E quando i pensieri ci distolgono da questa presenza mentale, con gentilezza ma ferma determinazione torniamo al respiro, continuando questa pratica fin che la troviamo agevole
L’esercizio della visualizzazione del lago
Cominciamo immaginando una scena, un paesaggio o un elemento della natura particolari che evocano ed esprimono aspetti della condizione meditativa.
Il lago in particolare incarna in sé la ricettività dell’acqua, la capacità di rimanere in contatto con tutti i cambiamenti della superficie e allo stesso tempo esprime la calma e quiete delle sue profondità: anche se in superficie ci possono essere pioggia, vento o neve, il lago riceve qualsiasi cosa accettandola, lasciandola accadere, momento per momento, senza resistere o lottare.
Durante questa meditazione ci disponiamo a identificarci in queste caratteristiche del lago, coltivandole in noi: ci aiuta a scoprire e riconoscere la nostra stabilità e a coltivare equilibrio interiore, attraverso un’immagine di forza e profondità, per confrontarci con gli eventi difficili in modo pacifico e non reattivo, trovando in noi stessi la capacità di diventare appunto come le acque calme di un lago.
Adottando una posizione comoda da seduti o sdraiati, ci focalizziamo sulle sensazioni del corpo e ci abbandoniamo mantenendo un senso di presenza, e tranquillità e di contatto con la terra e portiamo l’attenzione al respiro, rimanendo lì e notando le sensazioni che cambiano con l’inspirazione e l’espirazione
A questo punto ci raffiguriamo il più bel lago che possiamo immaginare, molto tranquillo, in una giornata di fine estate: acqua pura e trasparente, noi ci sentiamo nutriti e rilassati da questa distesa di acqua cristallina, e intorno al lago osserviamo una vegetazione lussureggiante, con alberi secolari e maestosi che si innalzano al cielo. Nella bellezza di questo luogo proviamo un senso di grande pace e sicurezza. In assenza di vento la superficie del lago è liscia, senza increspature, come un grande specchio che riflette tutto ciò che è presente temporaneamente o in modo permanente. Il lago ha questa qualità straordinaria della ricettività, di riuscire a contenere e fare entrare dentro di sé ogni cosa che lo colpisce senza che la sua struttura più profonda si modifichi: niente può scalfirlo, se non temporaneamente e superficialmente.
Ebbene, anche noi attraverso la pratica meditativa possiamo imparare a dare il benvenuto a ogni evento interno (pensieri, emozioni, sensazioni) o esterno a noi e ad accoglierlo, come se fossero i riflessi dalla superficie del lago.
Immaginiamo che la nostra mente assorba tutte le qualità del lago: i pensieri possono agitare e increspare la mente, come una brezza improvvisa increspa la superficie del lago, ma profondamente dentro di noi rimaniamo indisturbati, essi non hanno alcun effetto. Vediamo quindi i pensieri come eventi mentali irrilevanti e passeggeri, impermanenti e fuggevoli.
La nostra mente diventa ora limpida, calma e stabile. i pensieri sorgono e cercano di catturare la nostra attenzione ma noi semplicemente li lasciamo andare, come fanno i riflessi transitori degli uccelli che volano sulla superficie del lago e se ne vanno via.
Anche il vento può causare increspature e onde alla superficie, ma sappiamo che nelle sue profondità il lago rimane inalterato e tranquillo. Così ci possiamo rendere conto che i problemi della nostra vita sono come le onde del lago: non cambiano l’essenza di ciò che noi siamo. L’elemento acquatico infatti senza alcuno sforzo permette a ogni cosa di attraversarlo, lasciando sempre inalterata la sua essenza, rimanendo sempre se stesso, ritornando sempre alla sua essenza di calma profonda e tranquillità.
E anche noi possiamo fare nostro questo modo di essere. Quando ci sentiamo pronti portiamo l’immagine del lago dentro di noi in modo da diventare noi stessi il lago. Respiriamo insieme al lago, istante dopo istante, lasciamo la mente aperta mentre riflette tutto ciò che sorge dalla nostra esperienza interna o esterna: possiamo sperimentare momenti di completa quiete come quando il lago è calmo e trasparente, o momenti di inquietudine come quando l’acqua del lago è agitata, torbida e perturbata, come in effetti spesso si trova la nostra mente
Sullo sfondo continuiamo ad ascoltare il nostro respiro, sempre presente, che non smette mai di esserci ed è capace di donarci, in ogni momento e situazione, energia e vita.
5 – UN SEMPLICE DECALOGO DI RACCOMANDAZIONI PER CHI ASSISTE UNA PERSONA MALATA DI SCLEROSI MULTIPLA
Esponiamo alcuni utili principi da ricordare, ripetersi spesso e mettere in pratica per migliorare concretamente la qualità della vita che si vive accanto al proprio assistito con la sclerosi multipla.
Tenendo sullo sfondo la regola aurea
Vivere con pienezza nel presente ma non per il presente,
con accettazione e fiducia,
coltivando l’apertura e la disponibilità agli altri e alla vita
Teniamo allora presenti queste raccomandazioni
- Cercare e mantenere spazi e momenti quotidiani da dedicare a se stessi
- Riconoscersi in tutto come esseri umani, caratterizzati da limiti e debolezze ma anche da un patrimonio di risorse intrinseche spesso inesplorate e inutilizzate
- Apprendere pratiche e tecniche che aiutano a riarmonizzarci e recuperare serenità e fiducia – Per fare solo qualche esempio, un lavoro manuale che ci appassiona, la meditazione, il training autogeno, lo yoga, la preghiera stessa per coloro che hanno fede
- Imparare a osservare con piena attenzione e presenza mentale le emozioni proprie e quelle del proprio assistito, anche quelle più negativi, fastidiose e dolorose, come processi passeggeri, che sorgono nella mente e poi se ne vanno o si trasformano
- Coltivare empatia, cioè comprensione quello che prova il nostro assistito, per la sua posizione vulnerabile, cercando di rispondere ai suoi bisogni e aspettative senza prevaricare e offendere la sua autonomia, per esempio lasciandogli sempre libertà di scegliere nelle piccole e grandi decisioni quotidiane
- Chiedere aiuto, tenersi informati, esplorare le novitàe i nuovi supporti di ogni genere offerti da medici, associazioni di volontariato, realtà istituzionali
- Provare a cambiare prospettiva sulle situazioni, attraverso l’uso dell’immaginazione e della creatività e -quando possibile- anche a guardare i problemi con una sia pur piccola dose di umorismo e benevola autoironia
- Esercitarsi a dotare di significato quello che ci è capitato e che facciamo, coltivando la capacità di adattarsi alla mutevolezza delle situazioni senza opporsi in modo irrealistico al corso degli eventi e senza sopportare fatiche al di là del tollerabile, ma al contrario accettando e assecondando le difficoltà e lasciando, come fossimo spettatori, che la loro forza distruttiva si esaurisca
- Confrontarsi con chi vive esperienze simili alle proprie, attraverso la frequentazione di gruppi, luoghi di incontro, scambi anche virtuali di associazioni o comunità di autoaiuto
- Nutrire con fiducia un senso di apprezzamento e gratitudine per quello che si è ricevuto nella vita e che ci fa stare bene, anche nelle piccole cose e nei momenti più semplici della quotidianità e allenarsi con gentilezza e perseveranza a concentrare l’attenzione su tutto questo, piuttosto che su ciò che non si ha o che costituisce problema nella propria vita. E’ un piccolo prezioso aiuto per illuminare diversamente la nostra percezione del mondo
- 6 - PER UNA PROVVISORIA CONCLUSIONE
In conclusione di questa breve esplorazione dei problemi e delle risorse potenziali di coloro che assistono un familiare sofferente di sclerosi multipla vorremmo che le raccomandazioni precedenti fossero accolte come un punto di partenza, linee guida utili in quanto principi da ricordare, pensieri da coltivare, progetti e azioni da mettere concretamente in atto.
Il contenuto di queste raccomandazioni non vuole però sostituirsi all’esperienza personale di ognuno, ma anzi essere uno stimolo a perseguire una propria personale ricerca di armonia e benessere, come diritto-dovere che ogni persona ha nei confronti di se stessa, del proprio assistito e più ampiamente di coloro che le vivono accanto.
Per tali motivi invitiamo a considerare questo vademecum come l’inizio di un cammino, che andrà sviluppato poi da ognuno nel modo a lui più proprio e congeniale, più adatto alla sua particolare situazione di vita.
E’ nostra speranza che questo libretto stesso sia perciò solo uno strumento di partenza, che ognuno potrà poi sviluppare e integrare per conto proprio, destinato anche a essere in futuro arricchito da nuovi contributi provenienti dalle ricerche del mondo della psicologia e dalle voci di tutti coloro che ogni giorno sperimentano la difficile e coraggiosa condizione di care giver di una persona malata di sclerosi multipla.
Con questo spirito indichiamo alcuni spunti di lettura per
approfondire ulteriormente le questioni toccate nelle pagine
precedenti,
- R.D. Siegel Strategie quotidiane di mindfulness, Erickson, 2012
Per apprendere concretamente attraverso esercizi mirati le basi della pratica della meditazione di consapevolezza, frutto delle antiche conoscenze orientali tradotte nell’approccio della moderna psicologia e applicate alla nostra vita di ogni giorno
- G. De Chirico, Il Training Autogeno, Red, 1987
Per apprendere in modo semplice alcuni rudimenti delle tecniche di rilassamento profondo elaborate dalla medicina e dalla psicologia
- M. Sunderland Disegnare le emozioni, Erickson, 2011
- M. Sunderland, Disegnare le relazioni, Erickson, 2011
Per conoscere e riconoscere meglio le emozioni, gli stati d’animo, gli impedimenti e le risorse in noi e nelle relazioni con gli altri e costruire modi di vivere più armoniosi e vitali
- C. Castelli a cura di, Resilienza e vulnerabilità. Teorie e tecniche nei contesti di vulnerabilità, Franco Angeli, 2013
- A. Siebert, Il vantaggio della resilienza. Come uscire più forti dalle difficoltà della vita, Amrita edizioni, 2009
Per comprendere cosa è la resilienza, che benefici apporta nelle
situazioni difficili della vita e soprattutto come sia possibile
costruire gradualmente questa preziosa risorsa di fronte alle
avversità, in un modo che sia alla portata di tutti, ad ogni età e in
ogni condizione materiale e psicologica
Riportiamo infine tre riferimenti mirati per avere chiarimenti e approfondimenti, o porre domande e richieste più specifiche sul piano dell’aiuto formativo nell’affrontare e gestire efficacemente la condizione del care giver di una persona malata di sclerosi multipla.
- Gli autori di questo vademecum, psicologi presso la sede AISM di Pavia
luigi.collivasone@gmail.com patriziosisto@gmail.com
- AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla
www.aism.it, e in particolare la voce Vivere con la SM
- AISM – Sede provinciale di Pavia
Via S. Spirito, 2
27100 Pavia (PV)
Telefono : 0382/560092
Fax : 0382/560092
Email : aism-pavia@libero.it