Al seguente link http://nfs.unipv.it/nfs/minf/dispense/MI/Medicina_integrata.pdf,
trovate tutta la pubblicazione universitaria:
Qui, anticipo il mio capitolo, dal titolo:
Comparazione di approcci In un contesto PNEI.
La patologia secondo Dahlke e Simonton
Il titolo della lezione mette in evidenza due autori, Simonton e Dahlke, che da punti di vista diversi hanno sviluppato approcci in grado di osservare la malattia al di là della sola manifestazione del sintomo, andando alla ricerca delle cause prime e avendo una visione dell’uomo non meccanicista ma olistica. Questo è il primo punto d’incontro, ovvero la volontà di relazionarsi alla persona considerando questa come l’unione di un corpo, di una mente e di uno spirito. Ancora di più, sia Dahlke sia Simonton ebbero l’intuizione che i vari livelli si influenzassero e comunicassero tra loro e che quindi la Salute e il Benessere di un individuo dipendessero da un armonia globale.
La persona viene considerata come una struttura assai complessa capace di rispondere e di comunicare su più piani e tra questi rivestono una particolare importanza le emozioni, l’ atteggiamento generale e lo sviluppo della coscienza. Per questo motivo possiamo considerare i nostri due autori come dei pionieri nel campo del nuovo paradigma scientifico che si sta consolidando e soprattutto in quella scienza che prende il nome di Pnei.
Possiamo definire la psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) come lo studio delle reciproche interazioni tra la psiche, sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario. In particolare, studia gli effetti esercitati dal sistema nervoso autonomo e centrale (SNC) sul sistema immunitario e gli effetti esercitati dal sistema immunitario sul sistema nervoso, mediati in entrambi i casi da interazioni endocrine, cioè ormonali. In sintesi la psiche, il sistema nervoso centrale e periferico, il sistema endocrino e il sistema immunitario sono strettamente collegati tra loro e si influenzano vicendevolmente condizionando molte essenziali reazioni biologiche; quindi, un’azione su uno solo di questi sistemi si ripercuote inevitabilmente su tutti gli altri e l’effetto finale sarà la sommatoria di innumerevoli e, il più delle volte ancora misteriose, reazioni biologiche.
In questa sede metteremo in evidenza solo alcune caratteristiche salienti del pensiero di questi due autori che evidenziano quanto appena esposto.
Partiremo dalle intuizioni di Carl Simonton medico specializzato in radioterapia, oncologo di fama internazionale, deceduto da pochi anni, per il quale la cura del cancro ha come assunto di base l’idea che ognuno sia compartecipe della propria salute (o malattia) in ogni momento. Con l’espressione compartecipe l’autore intende che tutti gli individui svolgono un ruolo cruciale nel creare il proprio livello di salute. Ogni persona partecipa al proprio star bene attraverso le sue convinzioni, i suoi sentimenti , i suoi atteggiamenti nei confronti della vita, nonché in modi più indiretti , tramite l’esercizio fisico e l’alimentazione.
L’idea di Simonton è portare consapevolezza su determinate dinamiche che vedono il paziente protagonista; in primis il rapporto dello stesso con gli elementi stressanti della propria vita e in particolare con quelli che portano ad una cronicizzazione del sistema e dello stress.
Quest’ultimo, quando costantemente elevato e cronicizzato, produce spesso squilibri ormonali e attraverso l’azione prolungata del cortisolo influenza negativamente il sistema immunitario deprimendo la funzione dei linfociti natural killer preposti alla difesa dell’organismo contro la patologia tumorale.
Esperienze cliniche condotte negli USA da Simonton hanno mostrato minore incidenza delle recidive e miglioramento della qualità di vita in pazienti sottoposti a psicoterapie per mezzo delle quali il paziente ha imparato ad individuare i fattori di stress che condizionano la sua vita, a gestire lo stress, migliorando conseguentemente la funzionalità del sistema immunitario e quindi la prognosi. Queste tecniche si sono rivelate utili anche per i pazienti affetti da patologie cronico degenerative
Il punto centrale sulla patologia è che non si tratti meramente di un problema fisico, ma piuttosto un problema di tutta la persona, che include non solo il corpo ma la mente e le emozioni e anche lo spirito.
Se il sistema globale integrato (corpo, mente, emozioni, spirito) che costituisce tutta la persona, non sta lavorando nella direzione della salute non avranno successo interventi finalizzati al solo livello fisico. . Un programma di trattamento efficace, allora, ha a che fare con la totalità dell’essere umano e non si concentra sulla sola malattia, perché , per citare lo stesso Simonton, sarebbe come cercare di curare una epidemia di febbre gialla solo con i sulfamidici, senza drenare i fossi, in cui vivono le zanzare malate. ( Simonton 1978, getting well again,P. 10)
Il risultato a cui è giunto Simonton è un percorso di riabilitazione globale, di psicoterapia integrale, che lavori su tutti i livelli e che ha come elemento cardine la visualizzazione
In sostanza, il processo di immaginazione visiva comporta in primis la capacità di rilassarsi, durante il quale il paziente mentalmente immagina un obiettivo desiderato o un risultato. Con il malato di cancro, questo significa visualizzare il cancro, il trattamento che lo distrugge e, soprattutto, le difese del suo corpo che lo aiutano a riprendersi. Si aiuta il paziente a visualizzare il proprio corpo che combatte le cellule del cancro e , infine, a vincere la guerra.
Il Dr. Simonton ha delineato la sua filosofia “voglia di vivere” per la cura del cancro in “Getting Well Again”, un libro scritto nel 1978.
Il modi di interpretare la malattia in Rudinger Dahlke è differente ma si basa su fondamenta analoghe come già ampiamente espresso: Anch’egli medico e poi specializzatosi in psicoterapia e in terapie naturali, va oltre l’idea di patologia come esclusiva problematica fisica e va oltre il modello simontoniano di unione dei livelli fisici, emozionali, mentali, spirituali e si addentra nel significato della malattia come possibilità di crescita e di espansione di coscienza.
Il focus del suo modello riprende il concetto jungiano di Ombra, ovvero, utilizzando la definizione che lo stesso psicoterapeuta svizzero coniò “ il contenuto di sentimenti e ed emozioni rimossi da ognuno di noi, perché ritenuti brutti, sporchi o e cattivi. Quindi l’Ombra definisce anche l’insieme delle funzioni e degli atteggiamenti non sviluppati della personalità “.
In pratica ciò che si rifiuta a livello della coscienza e il soggetto crede di poter rimuovere ignorandolo, approda in realtà nell’ombra dello stesso,ovvero in quella zona costituita da tutto quello di cui non vuole prendere atto e non vuole accettare e che preferisce ignorare. Per meglio intenderci l’Ombra risulta essere diametralmente opposta all’Io formato da tutto ciò che la persona accetta con piacere e con la quale si identifica. Per questo motivo nessun Io e nessun individuo saranno contenti di imbattersi di nuovo negli elementi che sono stati relegati nell’Ombra.
Ma poiché per Dahlke l’ombra è una parte necessaria della nostra totalità, possiamo divenire sani , cioè interi, completi, solo integrandola. Questo è l’aspetto cruciale e di enorme rilevanza sottolineato dall’autore tedesco.
La malattia è una via percorribile, di per sé né buona né cattiva. È’ un linguaggio che bisogna interpretare. Quello che se ne può ricavare dipende esclusivamente dalla persona che ne è colpita. Riporta Dahlke nel libro Malattia linguaggio dell’anima: “Ho avuto modo di seguire molti pazienti, di studiare il modo in cui affrontavano consapevolmente la loro strada e ho potuto constatare come siano arrivati ad affermare che il loro sovrappeso, il loro infarto o perfino il loro cancro si erano trasformati in grandi possibilità e potenzialità. Continua in seguito “ Potremmo, allo stesso modo, felicitarci con l’ammalato per la sua malattia, proprio per le possibilità di evoluzione e apprendimento contenute in essa”.
E’ un aspetto cruciale colto anche da Simonton ma perno nella dialettica dahlkiana. La possibilità attraverso la malattia di conoscere la propria parte nascosta che chiede attraverso il sintomo di essere riconosciuta e integrata in una visione unitiva e non duale. Vi è un significato nella malattia e compito del medico è interpretare la manifestazione patologica per portarlo alla luce; una volta effettuata questa modalità non vi è nessuna motivazione affinché la componente sintomatologica persista.
Nella medicina classica ci si allea con il paziente contro i sintomi; nel sistema dahlkiano ci si allea coi sintomi stessi per capire cosa manchi al malato e quindi perché ha quei sintomi. Liberato dal giudizio negativo, il sintomo può svelarsi quale prezioso indicatore delle carenza e aiutare a divenire più completi e più sani.
In sintesi, nell’idea di Dahlke, le malattie sono espressione di modelli ancorati con salde radici alla matrice della realtà stessa. Per esercitare un influsso durevole su di esse, non basta operare dei cambiamenti cosmetici in superficie. Una malattia non potrà mai essere cancellata senza una compensazione, poiché il modello che sta alla base non scompare tanto facilmente. Le malattie, nella migliore delle ipotesi, possono essere sostituite nell’ambito della propria cornice. Il pericolo in cui si incorre seguendo la medicina allopatica , e anche il cosiddetto pensiero positivo, consiste nel limitarsi a coprire superficialmente, con farmaci chimici o con affermazioni formulate con le migliori intenzioni, il modello profondo. Quest’ultimo è l’unico che permette una conoscenza maggiore di sé stessi, un’espansione di coscienza e quindi una conseguente crescita spirituale.